Un conflitto serve prima a distruggere e poi a ricostruire: un investimento che rende due volte a chi lo sfrutta. Ma c’è chi perde tutto, anche la vita.

Una guerra è sempre una sconfitta
Una guerra è sempre una sconfitta

Ora i contendenti accettano di discutere e dalla pace è scomparsa la parola pace. Perché si fanno le guerre? Per distruggere. E perché, qualche volta, si fanno finire? Per ricostruire.

Così quelli che le amministrano e le sfruttano, generali finanzieri affaristi e mercanti riuniti in allegre conventicole che assomigliano un po’ troppo a banali società per azioni, realizzano la perfezione dell’investimento, cioè guadagnare due volte, fornendo a caro prezzo prima i mezzi per la distruzione bombe carri armati aerei droni;

e poi facendosi assegnare gli altrettanto lucrosi appalti per rimettere insieme i cocci. Fregiandosi anche del titolo di benefattori.

Chi è che non ha guadagnato nulla, anzi ha perso tutto case beni affetti la vita?

Chi l’ha combattuta nelle trincee, prestando fede a slogan quasi sempre bugiardi, a infatuazioni epicizzanti, difendere la patria o ricostruirne la grandezza, applicare il diritto internazionale o realizzare i nostri sacri interessi.

E coloro, molti di più, che l’hanno vissuta senza poter dire niente nelle retrovie che non esistono più perché sono solo un altro fronte, ridotti ad atti inutili come fuggire sopravvivere sperare.

Per mascherare questa realtà si utilizzano astuzie, fumosità, si tenta di deviare l’attenzione e l’indignazione su false piste, la necessità storica, la provocazione, la necessità di difendere e difendersi.

Si esige si ordina si intima. e si arraffa sulla base esclusivamente della Forza. Chi ce l’ha ovviamente. E gli altri?

Protestano cercano di dilazionare fanno finta di e alla fine obbediscono. Anime candide, o sottilmente ipocrite (anche i buoni hanno secondi fini inconfessabili ahimè) continuano ad appellarsi al Palazzo di Vetro, Corti penale, enti che si vantano di essere planetari, autorità morali. (Domenico Quirico)

Sì, oggi come ieri il saper minacciare rende soprattutto se i cosiddetti “buoni” non avessero usato (e manipolato) il diritto come un robusto alibi per meglio esercitare la forza delle armi.(Antonio Padellaro)

Quando coloro che hanno la forza ottengono ciò che vogliono un tempo cercavano di convincere di aver vinto perché sulle loro bandiere erano scritti valori superiori, il patriottismo, il coraggio, la lealtà, la integrità morale, l’altruismo.

Ma perdio c’è un diritto! Si strilla e i filosofi affrontano il compito improbo di annoverare il diritto internazionale bellico umanitario, i trattati tra i valori assoluti.

Gli altri, i Forti, mettono davanti le cifre: bombe con la b maiuscola e minuscola, fatturati, casseforti e forzieri armati e disarmati. Interessi.

La distruzione delle città con il loro passato e il loro presente sono come una minaccia alla gente che continua a viverci. I sermoni delle pietre di Gaza e dell’Ucraina predicano il nichilismo della forza.

La regola: colpa tua, hai affrontato uno che era più forte di te. Errore che non ha diritto ad assoluzione.

È crudele dire che il diritto dipende dalla forza.

La mastodontica macchina mediatica attivatasi all’indomani dell’aggressione militare russa del 24 febbraio 2022, ha schiacciato ogni opinione alternativa all’opzione bellica imposta dalla Casa Bianca.

Chi ha osato sottolineare l’impossibilità di sconfiggere militarmente una potenza dotata di 6.000 testate nucleari e il fatto che la Russia, il Paese più grande del mondo, non intendesse occupare l’Ucraina per brama di territorio, ma perché non poteva accettare l’ingresso di Kiev nella Nato, è stato bollato come antiamericano e filoputiniano.(Gianluca Ferrara)

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