Senigallia e le sue valli : “Itinerari vicini – Due Passi in Collina”
L’idea di queste pagine che oggi escono online e presto verranno stampate in un libro-guida che le raccolga, mi venne nella seconda metà del 2013 visitando la mostra “Sotto un’altra luce, Antologia delle opere restaurate del territorio”, che nell’estate di quell’anno, in soli tre mesi, ha ricevuto più di 20.000 visitatori e ha dimostrato la ricchezza della storia di un territorio che dal XIII al XVIII coinvolge Signorelli, Bellini, Baglione, Ridolfi, Anastasi, ma anche Donnino da Urbino, Leonardo Scaglia, Mattia Venturesi ed tanti altri ancora.
Da Gennaio 2104, venne pubblicata su la Voce Misena una terza pagina, da me curata, che proponeva una gita che parta proprio da una bella chiesa della nostra diocesi. La rubrica ha preso il nome di: “Itinerari vicini – Due Passi in Collina”. La raccolta, più ambiziosamente, si chiama: “Una domenica dedicata alla bellezza, ovvero 100 pomeriggi a spasso per Senigallia e le sue Valli”.
«Va molto di moda, oggi, citare l’ispirata (e vagamente deresponsabilizzante) sentenza di Dostoevskij per cui <la bellezza salverà il mondo»: ma, come ammonisce Salvatore Settis, <la bellezza non salverà proprio nulla, se noi non salveremo la bellezza>.
Entrare in un palazzo civico, percorrere la navata di una chiesa antica, anche solo passeggiare in una piazza storica o attraversare una campagna antropizzata vuol dire entrare materialmente nel fluire della Storia. Camminiamo, letteralmente, sui corpi dei nostri progenitori sepolti sotto i pavimenti, ne condividiamo speranze e timori guardando le opere d’arte che commissionarono e realizzarono, ne prendiamo il posto come membri attuali di una vita civile che si svolge negli spazi che hanno voluto e creato, per loro stessi e per noi.
Nel patrimonio artistico italiano è condensata e concretamente tangibile la biografia spirituale di una nazione: è come se le vite, le aspirazioni e le storie collettive e individuali di chi ci ha preceduto su queste terre fossero almeno in parte racchiuse negli oggetti che conserviamo gelosamente.
Se questo vale per tutta la tradizione culturale (danza, musica, teatro e molto altro ancora), il patrimonio artistico e il paesaggio sono il luogo dell’incontro più concreto e vitale con le generazioni dei nostri avi.
Il rapporto col patrimonio artistico — così come quello con la filosofia, la storia, la letteratura: ma in modo straordinariamente concreto — ci libera dalla dittatura totalitaria del presente: ci fa capire fino in fondo quanto siamo mortali e fragili, e al tempo stesso coltiva ed esalta le nostre aspirazioni di futuro.
In un’epoca come la nostra, divorata dal narcisismo e inchiodata all’orizzonte cortissimo delle breaking news, l’esperienza del passato può essere un antidoto vitale. Per questo è importante contrastare l’incessante processo che trasforma il passato in un intrattenimento fantasy antirazionalista [.. .].
L’esperienza diretta di un brano qualunque del patrimonio storico e artistico va in una direzione diametralmente opposta. Perché non ci offre una tesi, una visione stabilita, una facile formula di intrattenimento , ma ci mette di fronte a un palinsesto discontinuo, pieno di vuoti e di frammenti: il patrimonio è infatti anche un luogo di assenza, e la storia dell’arte ci mette di fronte a un passato irrimediabilmente perduto, diverso, altro da noi.
Il passato «televisivo», che ci viene somministrato come attraverso un imbuto, è rassicurante, divertente, finalistico. Ci sazia, e ci fa sentire l’ultimo e migliore anello di una evoluzione progressiva che tende alla felicità.
Il passato che possiamo conoscere attraverso l’esperienza diretta del tessuto monumentale italiano ci induce invece a cercare ancora, a non essere soddisfatti di noi stessi, a diventare meno ignoranti. E relativizza la nostra onnipotenza, mettendoci di fronte al fatto che non siamo eterni, e che saremo giudicati dalle generazioni future.
Nel patrimonio culturale è infatti visibile la concatenazione di tutte le generazioni: non solo il legame con un passato glorioso e legittimante, ma anche con un futuro lontano, «finché non si spenga la luna»’. È per questo che ciò che oggi chiamiamo patrimonio culturale è uno dei più potenti serbatoi di futuro, ma anche uno dei più terribili banchi di prova, che l’umanità abbia mai saputo creare». (Tomaso Montanari, Istruzioni per l’uso del futuro. Il patrimonio culturale e la democrazia che verrà, minimum fax, Roma 2014, pp. 46-48).
“100 pomeriggi a spasso per Senigallia e le sue Valli” prevede la promozione turistica, ambientale, sociale e solidale di un territorio. che sta prendendo sempre più la dimensione e il significato di un area fortemente integrata.
Da giornalista ho recuperato le fonti, che solo raramente erano inedite e le ho messe insieme in un percorso ordinato, per dare vita ad una specie di guida dei territori della Diocesi di Senigallia che è naturalmente associata ai Comuni delle Valli del Misa, Nevola e Cesano.
Ai 16 Comuni della Diocesi: Arcevia, Barbara, Belvedere Ostrense, Castelleone di Suasa, Chiaravalle, Corinaldo, Mondolfo, Montemarciano, Monteporzio, Montesanvito, Morro d’Alba, Ostra, Ostra Vetere, Senigallia, Serra de’ Conti, Trecastelli: Castelcolonna-Monterado-Ripe, ho aggiunto, per completezza, Marotta, Monte Porzio e San Lorenzo in Campo.
«Un sistema di turismo e di valorizzazione dei beni culturali ecclesiali, un patrimonio incredibile di risorse umane, culturali, storiche e di fede rappresentato dalle Cattedrali, dai Santuari, dai Monasteri ed Eremi, dai Musei ecclesiastici, dalle feste patronali, alle vie di pellegrinaggio fino alle foresterie, alle case per ferie, alle strutture di accoglienza.
Queste risorse messe in rete e collegate tra di loro da eventi e iniziative di spessore e di qualità, diventano non solo “offerta” da vendere ma sistema che produce cultura, promuove il dialogo e la pace, senza considerare che un bene culturale reso disponibile rende anche economicamente».
Sperando di fare cosa gradita, vi auguro
Buona lettura!
Mario Maria Molinari