la Voce Misena
16 aprile 2015
23 aprile 2015
due passi in collina
ITINERARI
Un Borgo dall’antica storia che ha saputo valorizzare le sue opere di arte sacra. Da non perdere Il percorso lungo le mura.
Il territorio di Scapezzano ha una storia molto antica, appare per la prima volta come ‘fundus Scaptianus’ in un documento dei possedimenti che il Monastero di S. Pietro di Ravenna aveva nel X secolo nel territorio di Senigallia, deriva sicuramente dalla latina tribù ‘Scaptia’ la quale arrivò sulle rive dell’Adriatico nel III sec. a.C. al momento della fondazione della colonia di Sena.
In un manoscritto del 1596 del vescovo di Senigallia Pietro Ridolfi, Scapezzano viene descritto come un nobile castello, dove amano villeggiare nobili e magistrati, e ci propone i disegni delle 8 chiese che erano sul territorio.
Da non perdere Il percorso lungo le mura del Borgo. Compiendo tutto il giro della cinta muraria, appariranno all’orizzonte verso Est il monte Conero e il porto di Ancona e poco più a destra in certe giornate è possibile scorgere i Monti Sibillini. Dopo uno sguardo al mare aperto a Settentrione voltandosi verso Ovest si arriva a scorgere il monte Ardizio e monte San Bartolo, i due promontori che sovrastano Pesaro, nelle giornate limpide si arriva a scorgere il monte Titano e San Marino. Continuando la passeggiata verso Sud sullo sfondo appaiono gli Appennini con al centro in bella evidenza il monte Catria e la sua cima gemella dell’Acuto. Il punto più alto di Scapezzano è la Torre, al centro del paese, anche se il primo assaggio del suo panorama stupendo si può avere affacciandosi alla balconata di via Fratti, fuori le mura, già da qui si può godere dell’incantevole paesaggio che abbraccia lo sguardo dal porto di Ancona alla catena degli Appennini.
Il castello murato ha tre ingressi due sono gli accessi di via Arnaldo da Brescia che attraversa tutto il borgo ed è usato anche dagli autoveicoli. L’ingresso più caratteristico è la scalinata che da via Antonio Fratti porta a via del Castello. Superata l’antica porta, attraversata sulla sinistra la piccola piazzetta antistante il circolo Arci Pro-Scapezzano si arriverà alla piazza centrale su cui si impone la facciata neoclassica della chiesa di San Giovanni Battista.
La viuzza lungo il lato sinistro della chiesa può essere il punto di partenza per il giro delle mura.
L’interno della chiesa custodisce un patrimonio che testimonia la presenza di una antica comunità cristiana e costituisce oggi un bene culturale eccellente curato con grande passione e perizia dal parroco don Vittorio Mencucci, che ha anche curato un bellissimo opuscolo informativo con testi della dott.ssa Claudia Caldari, dello storico Gilberto Volpini e del prof. Sergio Fraboni di cui riportiamo di seguito ampi stralci.
S. Giovanni Battista, venne costruita, nelle forme attuali, alla fine del ‘700 laddove sorgeva già un’antica chiesa risalente con ogni probabilità intorno all’anno Mille. È un edificio che per la sua mole assume una posizione di assoluto rilievo sia sul resto dell’agglomerato urbano sia sul paesaggio circostante, divenendone un elemento caratteristico e preminente. Nominata nella Bolla di Onorio III nel 1223, la chiesa di San Giovanni Battista nacque come pieve per i pochi abitanti del castello. Oggi dopo l’ultimo ed accurato restauro (2006-2007) la Chiesa ha riacquistato un aspetto solenne.
Rappresenta un bell’esempio di architettura settecentesca con facciata in cotto, un portale sormontato da una trabeazione classicheggiante, in alto al centro si trova un grande finestrone. Ai lati due coppie di lesene raggiungono il timpano aggettante, di linee neoclassiche. Sul lato destro dell’abside si erge il campanile quadrato con celle campanarie a quattro fornici, terminante a timpano con cornicione classico.
L’interno si presenta ad un’unica navata. Le pareti laterali sono scandite da dieci pilastri per lato terminanti con eleganti capitelli ionici. L’ampia navata, curvandosi, si raccorda poi con l’abside di forma circolare piuttosto profonda.
Cinque finestroni, quattro laterali ed uno sulla facciata, rendono luminoso l’ambiente. La grande aula, alta circa sedici metri, termina, infine, con una soffittatura ad arco a tutto sesto. Alle pareti e lungo la navata sono collocate le numerose e pregevoli opere d’arte sacra che impreziosiscono questo tempio.
A sinistra si apre il Battistero a pianta ottagonale terminante a cupola, con un elegante portale in marmo, sullo sfondo Il Battesimo di Gesù del maestro Bedini di Ostra.
La chiesa di San Giovanni Battista conserva sia l’Immacolata Concezione che la Madonna del Rosario di Lelio Leoncini da Roccacontrada (Arcevia) nato intorno al 1548 e morto il 22 febbraio 1616. Fu allievo e seguace di un altro pittore, pure nativo di Arcevia, Ercole Ramazzani (1537-1598): entrambi riprendono nel campo della pittura gli echi manieristici romani e fanno propri i nuovi canoni imposti dalla Controriforma cattolica.
Nel lato destro della chiesa sul primo altare si trova l’Immacolata Concezione, olio su tela eseguita nel 1588 da Lelio Leoncini. Maria è raffigurata fra un tripudio di angeli e di cartigli che ne enunciano le esemplari virtù legate al divino figlio e con la luna sotto i piedi. In primo piano sono raffigurati a sinistra San Giovanni Evangelista autore dell’Apocalisse e, a destra Re Salomone, che esibisce un brano del Cantico dei Cantici.
Il paesaggio che fa da sfondo del dipinto ha delle sorprendenti affinità con quello che ancora noi oggi possiamo ammirare muovendo lo sguardo dalle colline subito alle spalle di Scapezzano e dalla cosiddetta balconata verso oriente e meridione. Non è ardito identificare con Scapezzano raccolto entro la sua cinta muraria, lo stesso paesino fortificato, che si scorge alle spalle del S. Giovanni Battista, ciò rende plausibile l’ipotesi che il Leoncini abbia realizzato il dipinto sul posto, soggiornando a Scapezzano.
L’Eterno benedicente con Angeli adoranti e cherubini, attribuito alla Bottega di Giovanni Santi, è un altro affresco staccato del catino absidale dell’antico edificio sacro e oggi inglobata nelle strutture dell’attuale chiesa settecentesca. La frammentaria pittura, realizzata su una superficie curvilinea è situata nell’angusto vano della scala a chiocciola che portava all’organo .
Per la sua collocazione e sviluppo, attesta l’orientamento della costruzione quattrocentesca, posta sull’asse perpendicolare rispetto all’attuale e a una quota più bassa. l’immagine è un ulteriore notevole documento riconducibile alla cospicua produzione di cultura urbinate rappresentata dalla bottega di Giovanni Santi, operosa tra la fine del Quattrocento e i primi decenni del Cinquecento e circolante sul territorio del ducato.
Il bellissimo Crocifisso del secolo XVI che si trova sull’altare maggiore proviene, quasi certamente, dalla Chiesa di S. Croce o del SS. Crocefisso che si trovava all’incrocio tra la strada dei Cappuccini e Via Berardinelli.
La Comunione degli Apostoli, olio sui tela di Giovanni Battista Galeotti (Arcevia 1572 – Jesi 1641) fa bella mostra di sé al centro dell’abside, naturale punto focale dello sguardo di chi entra in chiesa. Il dipinto pone al centro della scena la figura del Cristo nell’atto di porgere la particola consacrata agli apostoli. Anche G. B. Galeotti, come Lelio Leoncini, fu allievo del manierista Ercole Ramazzani. Con il recentissimo restauro commissionato dalla Soprintendenza di Urbino l’opera ha recuperato il suo originale cromatismo.
Il patrono della parrocchia di Scapezzano è San Filippo Neri raffigurato nell’altare destra dell’abside con statua lignea della scuola di Ortisei e nell’Estasi di San Filippo (1770) in cui di fronte al Santo, in alto a sinistra, circondata da nuvole ed angioletti, compare la Vergine con in braccio il Bambino che benedice il santo. E’ la copia, restaurata nel 2007, del quadro di Guido Reni.
Sul lato sinistro della chiesa, ripartendo dall’ingresso nel primo altare a sinistra troviamo la Madonna del Rosario, olio su tela (1589), di Lelio Leoncini. Nella lo schema compositivo è quello classico usato dal Ramazzani con la Madonna al centro dello spazio compositivo. La Madonna ed il Bambino costituiscono la mediazione tra Dio e gli astanti, posti leggermente più in basso. La Vergine sorregge il Bambino in atto di consegnare il rosario a S. Domenico. Tutto intorno il succedersi dei quindici misteri.
Poco oltre, possiamo ammirare la Madonna col Bambino: un affresco staccato proveniente probabilmente da un’edicola stradale, ha qualità pittorica di intonazione popolaresca è riconducibile a una produzione locale dei primi decenni del Cinquecento. Ricalca i modi compositivi classici, memori delle più celebri Madonne col Bambino tardo quattrocentesche, assai frequenti in territorio marchigiano.
Sull’ultimo altare a sinistra. è collocata la Madonna della Speranza (olio su tela di anonimo). La veneratissima immagine è un pilastro spirituale di chi frequenta questa chiesa. Maria regge in piedi il piccolo Gesù, che però ha uno sguardo adulto, anche se assai dolce, mentre con la manina destra benedice, nell’altra sorregge una piccola croce che egli vincerà nella resurrezione. La Santa Madre sostiene delicatamente il simbolo della croce e rivolge al fedele uno sguardo fiducioso del tutto incoraggiante, che va oltre le momentanee sofferenze. Ciò spiega come sia usanza prima di lasciare la chiesa, accendere un lume davanti alla Madonna a protrarre la presenza invocatrice del fedele.
Nel punto di raccordo tra la navata e l’abside sono collocate due tele attribuite ad Anastasi, artista nato a Senigallia il 17 marzo del 1653 e morto il 13 marzo 1704 a Macerata. Il soggetto delle due opere è analogo: l’Adorazione dei pastori e l’Adorazione dei Magi, entrambi restaurati con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi e della parrocchia. Le due opere di Scapezzano hanno lo stesso soggetto di quelle della Chiesa della Croce di Senigallia dello stesso autore, ma rispetto a quelle presentano delle varianti, a cominciare dal taglio più espanso delle tele. I colori sono molto più brillanti e anche la condotta pittorica presenta delle variazioni stilistiche.
Nella parete sinistra dell’abside c’è l’olio su tela di anonimo raffigurante la Madonna con Santa Barbara e San Pietro Martire. Il dipinto proviene dalla chiesina del Soccorso. Probabilmente si tratta di una copia ottocentesca di un’opera del XVII secolo. Il marchese Alessandro Baviera, in uno studio del 1947, sostiene che in origine il quadro che rappresenta S. Barbara protettrice degli artiglieri, si trovasse nella cappella posta all’interno della Rocca Roveresca e che in seguito allo scioglimento della “compagnia dei bombardieri” venisse collocato altrove, fino a giungere al Soccorso da cui sarebbe poi arrivata alla parrocchiale di Scapezzano. I soggetti del dipinto sono Santa Barbara, protettrice, ancora oggi, dei “bombardieri”, ovvero degli artiglieri, dei minatori, dei vigili del fuoco e di tutti coloro che sono esposti al rischio di una morte improvvisa, e San Pietro martire. Entrambi rivolgono lo sguardo verso la Madonna col Bambino. Sullo sfondo compare con minuzia di particolari la massiccia sagoma della Rocca Roveresca nella sua originaria struttura.
Nella parete destra dell’abside troviamo La Madonna del Soccorso, di Luigi Conti (Ostra Vetere 1781 – Senigallia 1854 ca.), già nella omonima Chiesa della Madonna del Soccorso. Rappresenta la Vergine con il Bambino in braccio e in atto, impugnando un bastone, di ricacciare tra le fiamme dell’inferno il demonio. La figura femminile inginocchiata sulla sinistra, estatica per l’intervento soccorritrice della Vergine, potrebbe essere l’immagine della committente dell’opera o addirittura la beneficiaria di un miracoloso intervento della Madonna che ha voluto ringraziare con questo grande ex voto.
pagina a cura di Mario Maria Molinari
Ottimo lavoro. Grazie!