Corriere Adriatico
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Sabato 13 Marzo 2021 di Mario Maria Molinari
«Il risotto ai frutti di mare, scaturisce dall’inesauribile genio italiano che ha unito in modo succulento i sapori del mare con il cibo più diffuso nel mondo. Il riso è l’alimento principale di interi continenti come Asia, Africa e Sud America, ma solo gli italiani potevano, ancor prima di far conoscere la pasta a tutto il pianeta, elaborare per gli amanti del mangiar bene sua maestà il risotto», sostiene Vittorio Serritelli, chefff con tre effe (così si firma sui social) e professore di cucina dell’Istituto Alberghiero di Senigallia, responsabile degli eventi per la diffusione della cucina italiana nel mondo, attraverso innumerevoli viaggi intercontinentali alla scoperta di cibi e tradizioni.
«Il riso che è un alimento millenario, si diffuse in Italia attraverso gli Aragonesi che lo avevano conosciuto dagli arabi di Sicilia, grandi consumatori di polpette di carne tritata mescolata con riso e spezie. Gli stessi ingredienti utilizzati tutt’oggi per la composizione degli arancini», racconta Vittorio. Il risotto di mare si può gustare bianco o rosso. La ricetta di base non cambia. Usare il pomodoro è una libera scelta: con il pesce è frequente nella tradizione dei pescatori locali che mangiavano a bordo cucinando il pescato in casseruola con olio, sale, pepe e aggiungendo il concentrato di pomodoro precedentemente stemperato in una scodella di acqua salata, per dare un po’ di grinta al piatto.
UN PASSATO DA RIVALUTARE
«Il concentrato di pomodoro – spiega Serritelli – ha ancora qualcosa da dire nell’alta cucina, non solo perché appartiene alla storia italiana. «Nasce dalla sapienza di conservare la passata, lasciandola asciugare al sole dopo averla ben cotta. Nell’era preindustriale, togliere l’acqua era la prima condizione necessaria per conservare i cibi. Anche la salatura ha lo stesso scopo, quello di disidratare gli alimenti – sintetizza Serritelli – Con il pesce io preferisco usare il concentrato anche perché evita i problemi di acidità del pomodoro fresco ed è prodotto con i frutti più maturi, raccolti nella stagione migliore, fornendo un sapore che rimane disponibile e costante durante tutto l’anno».
ALLA SCOPERTA DELLA ‘BISQUE’
Per il nostro risotto rosso, la plebea conserva di pomodoro verrà nobilitata da una preparazione che appartiene alla cucina internazionale. «Prepareremo una ‘bisque’ basata sul brodo di carapaci dei crostacei. In una casseruola far rosolare con 50 gr di olio, 30 gr di sedano, 50 gr cipolla, 50 gr carota, 30 gr gambi di prezzemolo e 1spicchio di aglio. Aggiungere i carapaci delle pannocchie degli scampi e delle mazzancolle e continuare con la rosolatura. La buccia senza bianco di 1\4 limone e di 1\4 di arancia, 20 gr di sale fino, 1 gr di pepe nero, bagnare con 100 gr vino bianco, far evaporare e incorporare 70 gr concentrato di pomodoro, un rametto di timo e un rametto di maggiorana. Una volta caramellati gli zuccheri presenti nel tegame si aggiungono 2 litri di acqua. Far cuocere per 40 minuti circa, frullare tutto con un pimmer a immersione e filtrare attentamente il ricavato. Ne sortirà un piatto insuperabile», promette Serritelli che collaborando con la Regione Marche e per la diffusione di specie ittiche massive, realizza ricettari e svolge attività di show coking, al motto di: ‘un uomo che non mangia (bene) non è un uomo libero!’
Ricetta del risotto ai frutti di mare per 4 persone
250 gr di riso vialone nano, 4 mazzancolle, 4 scampi, 4 pannocchie, 400gr di cozze, 300gr vongole, 1 capasanta, 1 calamaro, 60 gr vino bianco. Far aprire separatamente le vongole e le cozze in un tegame a fuoco vivace con poco olio e 1\2 bicchiere di vino bianco, sgusciarle e porle in una ciotola assieme al fondo che avete ottenuto. Tagliare a cubetti il resto degli ingredienti e condirli con sale , pepe olio, uno spicchio d aglio e un po’ di prezzemolo. In una casseruola far tostare il riso con un filo di olio, bagnare con il vino bianco e far evaporare, aggiungere la ‘bisque’ a mestoli facendo attenzione di aggiungere il liquido ogni qualvolta si asciuga. Continuare la cottura per 12\13 minuti circa, togliere dal fuoco e aggiungere gli ingredienti precedentemente tagliati a cubetti. Continuare mescolare il riso per qualche minuto aggiungendo un filo di olio e del prezzemolo fresco. Servire all’onda.
Il riso nelle Marche
La coltivazione del riso è documentabile nelle Marche fin dal 1600 e proseguì fino alla fine dell’800. Nel 1826 risultavano 96 ettari coltivati a riso nelle aree del Piceno e del Fermano, 19 in quelle di Macerata ed appena 6 ad Ancona. La sua coltivazione era legata alla bonifica di terreni paludosi attraverso il sistema delle colmate. In alcune aree dell’anconetano e del maceratese furono tentate, con successo, coltivazioni all’asciutto, con periodiche irrigazioni. Una tecnica che è stata ripresa, in anni recenti, e che ha portato a produrre il Vialone Nano, una delle specie più antiche e di qualità, tra quelle presenti in Italia. (‘Il riso nelle Marche’, Carla Chiaramoni e Paolo Brasca, ed. Zefiro 2004)