“Alessandra Todde ha rappresentato una risorsa locale di qualità, ma ha saputo anche parlare ai sardi dei loro problemi reali. E non ha voluto chiudere la campagna con i leader di Roma sul palco
La vittoria di Alessandra Todde in Sardegna ci lascia qualche lezione che è bene raccogliere. Innanzi tutto, le elezioni regionali non sono un voto nazionale. In secondo luogo –e proprio per questo – conta molto il candidato presidente.
Todde ha voluto fare una campagna molto radicata nei problemi della Sardegna, connessa allo “spirito sardo” e lontana dalle polemiche nazionali. Non ha voluto concludere con i leader di Roma sul palco ed ha avuto ragione.
Ha convinto i sardi di essere la persona giusta per i (tanti) problemi dell‘isola. Certamente ha intrepretato la contrarietà sarda per l’autonomia differenziata, come si vede dai risultati della Lega isolana.
Questo tema ha influito molto più che la questione del reddito di cittadinanza e lo ritroveremo in altre regioni soprattutto del sud. Su tale questione cattolici democratici, progressisti e cinquestelle sono d’accordo: l’autonomia differenziata proposta in parlamento spezza il paese e lo rende ancora più ingiusto di quanto già sia.
L’autonomismo deve sempre essere nell’interesse generale e soprattutto alla ricerca dell’eguaglianza, almeno come tensione. Quindi l’autonomia è possibile (ed auspicabile nella forma della sussidiarietà) ma soltanto se è solidale. La percezione generale è che quella leghista non lo sia ma ritragga la separazione dei “più ricchi” dagli altri, accusati di usare i “loro” soldi.
Inoltre Alessandra Todde ha rappresentato una risorsa locale di qualità. È l’evidenza a cui i partiti più grandi (di destra o di sinistra) devono in qualche modo arrendersi: per incarnare una buona politica servono volti nuovi ma non improvvisati: persone vere che rappresentino esperienze reali e non solo interne.
Alessandra Todde aveva tale curriculum già da prima di entrare in politica e lo ha provato.
Nel nuovo corso il Pd sta apprendendo a rinunciare nel piazzare sempre i propri candidati di apparato.
All’Italia servono candidati presidenti migliori, preparati, che abbiano già dimostrato qualcosa, non burocrati di partito e nemmeno concorrenti scelti in maniera estemporanea, senza alcuna esperienza o competenza com’è stato fatto purtroppo nel recente passato.
Sopra ogni cosa l’Italia ha bisogno di tale buona politica per governare in tempi difficili.” (Mario Giro martedì 27 febbraio 2024)
“La vittoria di Alessandra Todde in Sardegna è la notizia che in tanti aspettavamo: è la dimostrazione che si può costruire un’alternativa vincente a questa destra dei manganelli.
Ed è la vittoria di un modello in cui la geometria dell’alleanza è una parte importante, ma non certo l’unica. Pd e Movimento 5 Stelle devono stare insieme: ma il punto è: quale Pd, e per fare che cosa.
C’è il Pd sistema di potere ossificato e c’è un altro Pd, che vorrebbe governare non per tenere tutto com’è, ma per cambiare. A dire di quale Pd si tratti, di volta in volta, sono i programmi elettorali, ma ancora di più la biografia del candidato, o candidata.
Se il Movimento 5 Stelle, contro la sua stessa natura, si facesse risucchiare nella conservazione dello stato delle cose, prenderebbe meno del 2%.
Se i leader delle forze politiche ascoltano la loro base, e scelgono di provarci, si può aprire un confronto con le forze che vorrebbero cambiare davvero: e da lì costruire un progetto, e poi una coalizione che scelga una candidata fuori dagli usurati giochi della politichetta, dal giro degli amici, dalla rete delle clientele.
Qualcosa e qualcuno per cui valga la pena perfino di andare a votare, facendo quel balzo che pare davvero necessario.
Tanti anni fa, Carlo Levi ha scritto: “Il solo modo di vincere sarebbe di trovare quella parola che, suscitando forze nuove, buttasse all’aria la scacchiera e trasformasse il gioco in una cosa viva”.
Tante parole vengono in mente. Liberare, ricostruire, progettare. Ma forse una parola che fa davvero bene è la parola “riparare”. Riparare, infatti, significa al contempo proteggere, difendere; eliminare o alleviare un male; correggere un errore commesso; scusarsi, risarcire; provvedere a quanto è necessario; rimettere in funzione quanto è malconcio o rotto. Non c’è uno solo di questi significati che per non andrebbe bene. Ma accanto al progetto, ci vuole la parola politica per fare cose diverse, nuove e giuste. In Sardegna tutto questo si è trovato.” (28 febbraio 2024 Tomaso Montanari)