DA SANTA LUCIA ALL’EPIFANIA PERCHÉ TUTTE LE FESTE SI PORTA VIA
Befana è una forma popolare del termine Epifania, dal greco epifáneia ἐπιφάνεια, , che significa “mi rendo manifesto” in senso religioso indica una ’azione di una divinità che palesa la sua presenza attraverso un segno.
Nei giorni che precedono e seguono il solstizio d’inverno, il buio e il freddo sembravano dover cancellare la vita della natura e degli uomini. Invece subito dopo le giornate tornavano lentamente ad allungarsi: il Sole aveva vinto! Per questo i romani inventarono un’apposita festa, intitolata al Sol Invictus, da cui deriva il nostro Natale. Non conoscendo la data della nascita di Gesù, i primi cristiani pensarono infatti di festeggiarla al posto di quella pagana del Sole che trionfa sul buio: quale simbolo migliore, del resto, per celebrare il Bimbo destinato a essere luce del mondo?
In tutta Italia la Befana è un’anziana signora che consegna doni ai bambini alla vigilia la notte del 5 gennaio per riempire le loro calze di dolciumi, caramelle, frutta secca e giocattoli se si sono comportati bene, coloro che si sono comportati male trovano le calze riempite con del carbone. Vola a cavallo di una scopa con indosso uno scialle nero ed è ricoperta di fuliggine perché entra nelle case dei bambini attraverso il camino. Sorride spesso e porta un un sacco o un cesto pieno di regali.
Il significato stesso della Befana la cui prima comparsa risalirebbe all’antica Roma, vedendo crescere la sua popolarità durante il Medio Evo, risiede nell’eredità della figura simbolo di Madre Natura che giunge alla fine dell’anno invecchiata e rinseccchita.
Prima di andarsene però offre dolciumi e regalini, a rappresentare i semi che le permetteranno di ricomparire come giovinetta in primavera.
Leggendario anche il richiamo alla befana in volo. Il fatto che si sposti a bordo di una scopa ricorda un mito d’epoca romana per il quale nelle dodici notti successive al solstizio d’inverno alcune figure femminili volerebbero appunto sopra i campi, garantendo il buon esito dei raccolti.
Se nei riti pagani tutto era legato al particolare moto apparente del Sole nel periodo intorno al solstizio d’inverno. Nel mondo cristiano il termine Epifania è passato a designare la festa, di sicura origine orientale (certo non precedente al 3° sec.), commemorativa delle manifestazioni divine di Gesù Cristo: battesimo con l’intervento di Dio Padre, mentre in Occidente la festa non ricorda ormai che la venuta e l’adorazione dei Magi, celebrando la rivelazione di Gesù al mondo pagano.
“Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: “Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo”.
Dal giorno del solstizio d’inverno, le giornate riprendono ad allungarsi. Attenzione però l’allungamento delle giornate non è un processo immediato né simmetrico fra alba e tramonto e poi le giornate iniziano ad “allungarsi” in maniera impercettibile, a meno di controllare l’andamento con l’orologio.
In pratica per vari giorni prima e dopo del solstizio la durata delle ore diurne continuerà ad essere più o meno la stessa. Solo se siete mattinieri, e con il cronometro in mano, vi sarete forse accorti che il sole continua a sorgere più tardi nonostante il solstizio d’inverno sia passato, anche se la durata della luce diurna aumenta, perché i tramonti hanno già iniziato ad ‘allungarsi’.
Tradizionalmente, il 13 dicembre (Santa Lucia) c’è il tramonto il più precoce; il giorno più corto è il 21 o il 22 dicembre; sempre tradizionalmente l’alba continua a ritardare fino al 6 gennaio.
Senigallia (AN) | Sorgere del Sole | Tramonto del Sole |
13 dicembre 2023 | 07:32 | 16:30 |
21 dicembre 2023 | 07:37 | 16:33 |
22 dicembre 2023 | 07:38 | 16:33 |
31 dicembre 2023 | 07:38 | 16:33 |
6 gennaio 2024 | 07:41 | 16:45 |
7 gennaio 2024 | 07:41 | 16:46 |
8 gennaio 2024 | 07:40 | 16:47 |
Ma perché questa asimmetria? Il sole non dovrebbe semplicemente sorgere prima e tramontare più tardi dopo il solstizio d’inverno?
Per capirlo, è necessario dare un’occhiata un po’ più approfondita all’astronomia. La Terra in questi giorni sta’ approssimandosi al perielio (inizio gennaio), poi l’asse di rotazione della Terra è inclinato di 23,5° rispetto alla verticale. Di conseguenza, l’ora del mezzogiorno solare non è costante nel corso dell’anno.
Questi effetti combinati fanno sì che, nel periodo attorno al solstizio d’inverno, il sole sia ‘in ritardo’ cioè continua a sorgere più tardi, nonostante le giornate abbiano cominciato ad allungarsi comunque perché, ogni giorno un po’ di più, i pomeriggi iniziano ad allungarsi.
In realtà ogni anno la data e l’ora precise dei fenomeni cambiano anche se di poco, perché l’asse di rotazione della terra non è perfettamente verticale, l’anno non è esattamente di 365 giorni e la Terra si trova più vicina al Sole (al perielio) a gennaio, e più lontana (all’afelio) a luglio. Ne consegue che la Terra ruota più velocemente intorno al Sole al perielio che all’afelio perché la forza gravitazionale di attrazione del Sole è leggermente diversa.
A ciò si aggiunge che la Terra ha una rotazione completa attorno al proprio asse in 24 ore, per l’esattezza in 23 ore e 56 minuti, deve quindi ruotare ancora un po’ perché lo stesso unto torni a guardare esattamente verso il Sole. Ciò richiede circa 4 minuti, “circa”, perché questo tempo varia tra 3 minuti e 30 secondi e 4 minuti e 30 secondi.
Dopo un giro completo della Terra attorno a sé stessa, il medesimo punto non ha lo stesso orientamento rispetto al Sole. Deve quindi ruotare ancora un po’ per ritrovare lo stesso orientamento.
“La questione con l’accumularsi dei secoli è diventata così complicata che ci sono voluti due diversi calendari di riferimento per i cristianesimi: il calendario giuliano e il calendario gregoriano.
Il calendario giuliano è un calendario solare, cioè basato sul ciclo delle stagioni. Fu elaborato dall’astronomo greco Sosigene di Alessandria e promulgato da Giulio Cesare, da cui prende il nome, nell’anno 46 a.C. Esso fu, da allora, il calendario ufficiale di Roma e dei suoi domini e successivamente il suo uso si estese a tutti i Paesi d’Europa e d’America.
Nel calendario giuliano si utilizzano gli anni bisestili per compensare il fatto che la durata dell’anno solare non è data da un numero intero di giorni e il giorno in più si aggiunge dopo il 24 febbraio un anno ogni quattro. In questo modo la durata media dell’anno giuliano risultava di 365 giorni e un quarto (365,25) e la differenza con l’anno solare era, così, di soli 11 minuti e 14 secondi circa, una precisione molto accurata per l’epoca.
Questa differenza, pari a circa un centesimo di giorno, si accumulava però col passare dei secoli, per cui la data d’inizio delle stagioni si spostava man mano all’indietro: rispetto all’anno astronomico, ha accumulato un piccolo ritardo ogni anno fino ad arrivare a circa 10 giorni nel XVI secolo.
Per questo nel 1582 è stato sostituito dal calendario gregoriano per decreto di papa Gregorio XIII ed è stato adottato dalla maggior parte dell’Occidente cattolico e protestante, mentre alcune Chiese appartenenti alla Chiesa ortodossa tuttora usano il calendario giuliano come proprio calendario liturgico: da ciò deriva il diverso calcolo delle festività cattoliche e ortodosse.
Il calendario gregoriano è il calendario ufficiale nella maggior parte dei Paesi del mondo occidentale. Prende il nome da papa Gregorio XIII, che lo introdusse nel 1582, modificando il calendario giuliano precedentemente in vigore.
Come il calendario giuliano, è basato sull’anno solare, cioè sul ciclo delle stagioni. L’anno è composto da 12 mesi con durate diverse (da 28 a 31 giorni) per un totale di 365 o 366 giorni: l’anno di 366 giorni è detto anno bisestile. Tale ripetizione avviene ogni quattro anni, ma vengono eliminati 3 anni bisestili ogni 400: l’anno “gregoriano” risulta quindi di 365,2425 giorni ed è di 10 minuti e 48 secondi più corto di quello giuliano. In questo modo la differenza dall’anno solare si riduce a soli 26 secondi (in eccesso).”(Editrice la scuola)
“Siamo abituati ad associare la venuta dei re Magi con l’apparizione in cielo della stella cometa: ma in realtà nei Vangeli non se ne parla affatto. Fino al XIV secolo l’annuncio della nascita di Gesù era stato fatto da una semplice stella fissa, per molti lo stesso Sole.
Fu Giotto ad inserire nell’Adorazione, per la prima volta, una stella cometa con la sua scia luminosa e il suo colore vivido, in una scena dedicata all’Adorazione: più precisamente nell’Adorazione dei Magi della Cappella degli Scrovegni, a Padova.
Nel dipingere questo affresco, inserito nel più ampio ciclo delle Storie di Gesù, Giotto fu estremamente rivoluzionario, abbandonando le tradizioni medievali e il simbolismo astrologico vigente e trasformando la sua personale interpretazione della scena in un modello per numerosi artisti che verranno. Intepretò con nuovo intellletto primi dodici versetti del secondo capitolo del Vangelo di Matteo che riguardano La visita dei Magi:
2 Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: 2 «Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo». 3 All’udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. 4 Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s’informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. 5 Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:
6 E tu, Betlemme, terra di Giuda,
non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda:
da te uscirà infatti un capo
che pascerà il mio popolo, Israele.
7 Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella 8 e li inviò a Betlemme esortandoli: «Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».
9 Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. 10 Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. 11 Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. 12 Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.
La stessa parola magi, è una carta di identità ben conosciuta nell’antichità. Quasi cinquecento anni prima che l’apostolo scrivesse il suo Vangelo, ne parla anche lo storico greco Erodoto, che li descrive come una delle sei tribù dei Medi, un antico popolo iranico stanziato in gran parte dell’odierno Iran centrale e occidentale, a sud del mar Caspio.
Essi precisamente costituivano la casta sacerdotale ed erano perciò sacerdoti della religione mazdea (credevano nel Dio unico Ahura Mazda), il cui culto fu riformato nel VI secolo a.C. da Zarathustra. Coltivavano anche l’astronomia ed erano dediti all’interpretazione dei sogni, come attestano fonti storiche riguardanti, ad esempio, l’imperatore persiano Serse.
In quanto astronomi è dunque plausibile che si siano messi in viaggio seguendo una “stella”. Tra l’altro, nel loro credo si parla di un Messia o «Soccorritore», nato da una vergine e annunziato da una stella, destinato a salvare il mondo.
Ma, secondo alcuni, Giotto dipinse la cometa per un motivo molto particolare. È stata la storica dell’arte Roberta Olson ad avanzare per prima la curiosa e affascinante ipotesi che, in realtà, lungi dall’essere un mero vezzo artistico, la cometa dipinta da Giotto sia la quella di Halley. Secondo la Olson e altri studiosi Giotto avrebbe in effetti avuto la possibilità di vederla dal vivo, nel suo passaggio del 1301, restandone talmente impressionato da decidere di immortalarla, contro ogni convenzione, nella sua personale interpretazione delle Storie di Gesù.” https://www.fanpage.it/cultura/la-stella-cometa-e-da-sempre-simbolo-dellepifania-ma-fu-giotto-a-dipingerla-per-la-prima-volta.
Che cosa era la stella che guidò i Magi? Forse una metafora, una semplice ma felicissima invenzione letteraria, o forse un reale fenomeno astronomico?.
Come è noto, il nostro calendario è viziato da un errore commesso da Dionigi il Piccolo, un monaco vissuto fra il V e il VI secolo, e tenuto conto di questo errore la nascita di Gesù deve essere collocata fra il 7 e il 4 a.C..
Si sa che Gesù non nacque dell’anno zero che non è mai esistito. Cesare Augusto ha compiuto tre volte il censimento dei sudditi romani (28 a.C , 8 a.C. e 14 d.C). Quindi il censimento universale del 8 a.C è cronologicamente compatibile con quello evangelico. Va considerato che il censimento era una operazione molto complessa e poteva durare vari anni. La stragrande maggioranza degli storici concorda che il 4 a.C. è l’anno della morte di Erode. In questo intervallo di tempo fra 8 a.C e il 4 a.C. avvenne la nascita di Gesù a Betlemme che non potè avvenire prima del censimento, né dopo la morte di Erode.
Per l’astronomia in quel periodo non vi furono passaggi di comete, né l’esplosione di nessuna supernova o nova, Keplero invece avanzò l’ipotesi per cui l’evento celeste più appariscente che si verificò nei cieli di allora fu quello di una tripla congiunzione planetaria, Giove-Saturno che nel 7 a.C. si ripetè ben tre volte a maggio a settembre e a dicembre,
Le congiunzioni tra Giove e Saturno era sicuramente pieno di significato per gli antichi astrologi in quanto Giove era considerato simbolo di regalità, Saturno simbolo di giustizia e la costellazione dei Pesci, segno di acqua, associabile a Mosè e quindi al popolo ebraico, essendo il pesce anche il simbolo di Cristo. Queste tre simbologie messe insieme davano di conseguenza il segnale che in terra di Israele stava per nascere il grande Re che avrebbe portato giustizia nel mondo, come raccontavano le varie profezie.
Il significato astrologico della congiunzione Giove-Saturno è potente e importante se consideriamo che i Magi erano astrologi e astronomi e al tempo astrologia e astronomia andavano di paei passo e avevano la stessa credibilità, a differenza di oggi.
Il fenomeno astronomico venne dunque interpretato come la fine del vecchio ordine del mondo e la nascita di un nuovo Re di giustizia, mandato da Dio. Questo mosse i Magi a spostarsi dalla Mesopotamia con un viaggio di almeno 900 chilometri per recarsi prima a Gerusalemme e poi a Betlemme.
Il riferimento ad una stella è attestata fin dall’Antico Testamento, nelle profezie di Balaam, quale simbolo della venuta del Messia (“Lo vedo, ma non ora; lo contemplo, ma da lontano: una stella spunta da Giacobbe, uno scettro sorge da Israele”, Numeri 24,17). Ma in nessun testo è citata la “cometa” con la sua lunga coda di luce, e nemmeno nelle più antiche raffigurazioni in nostro possesso dell’Adorazione. https://www.famigliacristiana.it/blogpost/la-stella-e-lo-scettro.aspx
Solitamente la vigilia dell’Epifania si accendono I falò di inizio anno che sono una tradizione popolare dell’Italia nord-orientale e dell’Emilia occidentale consistente nel bruciare delle grandi cataste di legno e frasche nei primi giorni di gennaio. Ne esistono moltissime versioni e denominazioni: nella maggior parte del Friuli è detto Pignarûl.
L’usanza di accendere I falò deriva da riti purificativi e propiziatori diffusi in epoca pre-cristiana. I Celti, per esempio, accendevano dei fuochi per ingraziarsi la divinità relativa e bruciavano un fantoccio: ‘la vecchia’, rappresentante il passato. Mentre il falò ardeva, i contadini in cerchio gridavano e cantavano varie formule augurali.
La ciclica morte del Dio della luce veniva ricordata con feste come Yule o Imbolc, intorno alla fine di dicembre. Nonostante la cristianizzazione, questa usanza non si perse, anzi persistette attraverso i secoli, giungendo fino ai giorni nostri praticamente immutata.
Belanu era uno dei principali Dèi “pagani”. Adorato dai Celti continentali ed insulari era noto per la sua influenza sulla luce solare e di conseguenza: sull’agricoltura, sulla stagionalità, sulla temperatura, sull’allevamento … in pratica su ogni attività umana dell’epoca protostorica. Sovrintendeva, inoltre, sull’illuminazione della psiche nell’accezione spirituale e mentale, come guida alle innovazioni ed invenzioni. Iscrizioni con suo nome sono state rinvenute a sud della Gallia sia cisalpina che transalpina e dall’Illiria fino alle isole britanniche a nord.
Il rito del Pignarûl è molto sentito in tutto il Friuli, in particolare a Tarcento dove la sera del 6 gennaio viene acceso, nei pressi dei resti del castello medievale, il “Pignarûl Grant”, che a sua volta dà il via all’accensione di tutti i pignarûi della conca tarcentina. All’evento, partecipano ogni anno migliaia di persone.
“Il Pignarûl (chiamato, a seconda la zona, anche: Panevin, Foghere, Fogoron, Fogaròn, Foghera, Fugarizze, Boreòn) è uno dei più antichi riti friulani, le cui origini si perdono nella notte dei tempi. infatti è legato all’adorazione di Belanu (o Beleno, o ancora Belanus), divinità protoceltica della luce. Il termine Belanu sarebbe l’equivalente di “colui che è luminoso”, o “Dio luminoso”.
Rimasta intatta come rituale da svolgersi nella vigilia dell’Epifania, ancor oggi la fiamma simboleggia la speranza e la forza di bruciare il vecchio. La direzione del fumo e delle vengono letti come presagio per il futuro.
La direzione che prende il fumo, una volta acceso il pignarûl, non è indifferente. Un antico proverbio friulano narra: se il fum al va a soreli a mont, cjape il sac e va pal mont; se il fum invezit al va de bande di soreli jevât, cjape il sac e va al marcjât. Così tradotto: se il fumo va a occidente, prendi il sacco e va per il mondo; se il fumo invece va a oriente, prendi il sacco e va al mercato. La direzione del fumo, quindi, è indicazione di un buono o cattivo anno.” https://www.friulani.net/il-pignarul/