Chiara Lubich riporta l’attenzione su una categoria politica, della trilogia della Rivoluzione francese, di cui ci si è dimenticati.
Londra (palazzo del parlamento britannico), 22 giugno 2004
Signor Presidente della Camera, Onorevoli parlamentari, Signore e Signori,
è un vero onore e una gioia per me potermi rivolgere qui a Londra ad un’assemblea così qualificata. Ringrazio tutti della loro presenza, mentre oso sperare di offrire con questo mio intervento una serena tregua agli impegnatissimi loro lavori.
Quello che vorrei donarvi è ciò che in questi anni è nato, anche in ambito politico, dal dono – un carisma – che io stessa ho ricevuto molti anni fa e che ha fruttato ad ogni latitudine del mondo, tra persone di culture, fedi religiose e ceti sociali i più diversi, un’esperienza e una cultura fondate sull’unità, esigenza profonda della storia dell’umanità.
Il titolo che mi è stato proposto per l’odierno incontro è: «Libertà, uguaglianza… che fine ha fatto la fraternità?».
Il trittico «libertà, uguaglianza, fraternità», quasi una sintesi del programma politico della modernità, esprime un’intuizione profonda e sollecita oggi da noi una profonda riflessione: a che punto siamo con la realizzazione di questa grande aspirazione?
La Rivoluzione francese ha annunciato i tre principi, ma certamente non li ha inventati: essi avevano già cominciato il loro faticoso cammino attraverso i secoli, soprattutto a partire dall’annuncio cristiano, che ha illuminato il meglio delle tradizioni antiche dei diversi popoli e il patrimonio della rivelazione ebraica, portando un’autentica rivoluzione: l’umanesimo nuovo, aperto da Cristo, che ha reso l’uomo capace di vivere pienamente questi principi.
Da quell’annuncio, attraverso i secoli, essi vanno rivelando la loro ricchezza nelle opere degli uomini.
Molta strada è stata percorsa e spesso, in questo cammino, il Regno Unito ha fatto da battistrada.
Libertà e uguaglianza hanno segnato profondamente la storia politica dei popoli arrivando ad esprimere frutti di civiltà e creando le condizioni per la progressiva espressione della dignità della persona umana.
Certamente il cammino di questi due principi è familiare ad un popolo che ha prodotto la Magna Charta Libertatum e la Dichiarazione dei diritti, che è stato maestro nell’invenzione della democrazia e delle politiche sociali.
La libertà e l’uguaglianza sono diventati principi giuridici e vengono quotidianamente applicati come vere e proprie categorie politiche.
Ma l’affermazione esclusiva della libertà, lo sappiamo bene, può trasformarsi nel privilegio del più forte, mentre l’uguaglianza, e la storia lo conferma, può tradursi in collettivismo che massifica.
Inoltre, molti popoli in realtà ancora non beneficiano dei contenuti della libertà e dell’uguaglianza…
Come fare allora perché la loro acquisizione porti frutti maturi? Come rimettere in cammino la storia dei nostri Paesi e quella dell’umanità intera, verso quel destino che le è proprio? Noi crediamo che la chiave stia nella fraternità universale, nel darle il giusto posto tra le categorie politiche fondamentali.
Solo l’uno accanto all’altro, i tre principi potranno dare origine ad una politica adeguata alle domande dell’oggi.
Raramente come nel tempo presente, il nostro pianeta è stato ed è attraversato dalla sfiducia, dal timore, dal terrore persino: basta ricordare l’11 settembre 2001 e, più vicino a noi, l’11 marzo 2004, senza dimenticare le centinaia di attentati che, in questi ultimi anni, hanno crivellato la nostra cronaca quotidiana.
Il terrorismo: una calamità grave almeno quanto le decine di guerre che tuttora insanguinano il nostro pianeta!
E quali ne sono le cause? Molteplici. Non si può però non riconoscere che una delle più profonde è lo squilibrio economico e sociale che esiste nel mondo fra Paesi ricchi e Paesi poveri. Squilibrio che genera risentimento, ostilità, vendetta, favorendo in questo modo il fondamentalismo, che attecchisce più facilmente in un simile terreno.
Ora, se le cose stanno così, perché il terrorismo si allenti e taccia, non è certo una risposta la guerra, occorre cercare le vie del dialogo, vie politiche e diplomatiche. Ma non basta; occorre suscitare nel mondo più solidarietà fra tutti e una più equa comunione dei beni.
Senza contare che ancor più numerosi sono i temi scottanti che interpellano la politica, nella dimensione nazionale come in quella internazionale. Anche nel mondo occidentale lo stesso modello di sviluppo economico è ormai innegabilmente in crisi, crisi che chiede non più solo limitati aggiustamenti, ma un ripensamento globale per superare la recessione in corso.
La marcia inarrestabile della ricerca scientifica non può avvenire senza provvedere a garantire l’integrità e la salute della specie umana e dell’intero ecosistema.
Il riconoscimento della funzione essenziale dei mezzi di comunicazione nel mondo moderno deve trovare regole certe di fronte alle specifiche esigenze di promozione dei valori e di tutela delle persone, dei gruppi, dei popoli.
Un’altra domanda centrale emerge dalla necessità di difendere e valorizzare la ricchezza che viene dalle diverse appartenenze etniche, religiose, culturali, pur nell’orizzonte degli irreversibili processi di globalizzazione in atto.
Queste che appaiono come alcune tra le maggiori sfide poste dall’attualità, reclamano fortemente l’idea e la pratica della fraternità, e, data la vastità del problema, di una fraternità universale.
Il Movimento dei Focolari poi, pur essendo primariamente religioso, ha avuto, sin dagli inizi, e poi durante gli anni, un’attenzione particolare per tutti gli ambiti della società, compreso il mondo politico, sino a veder nascere dal suo seno, il Movimento politico per l’unità. Movimento che pure esso sta ora diffondendosi e organizzandosi su tutto il pianeta.
Della sua genesi e del suo sviluppo ho potuto parlare più volte, fra il resto, a parlamentari di varie nazioni europee e non solo, a Strasburgo, al Centro Europeo di Madrid e all’ONU.
Quale espressione politica del Movimento dei Focolari, questo Movimento ha come scopo quello di aiutare persone e gruppi impegnati in politica a riscoprire i valori profondi, eterni dell’uomo, a mettere la fraternità a base della loro vita e solo dopo muoversi nell’azione politica.
Ne consegue che l’agire politico da amore interpersonale diventa possibilità di un amore più grande, quello verso la polis.
Un amore che, acquisendo la dimensione politica, non perde le proprie caratteristiche: il coinvolgimento di tutta la persona, con l’intelligenza e la volontà di arrivare a tutti, l’intuizione e la fantasia per fare il primo passo, il realismo del mettersi nei panni dell’altro, con la capacità di donarsi senza interessi personali e di aprire strade nuove anche quando i limiti umani e i fallimenti sembrano chiuderle.
Soggetti del Movimento politico per l’unità sono politici di ogni livello – amministratori, parlamentari, militanti di partito –, di appartenenze partitiche le più varie, che sentono il dovere di agire assieme al vero titolare della sovranità, il cittadino; cittadini che vogliono fare la loro parte di soggetto politico attivo; studenti e studiosi di politologia che vogliono offrire il loro contributo di competenza e di ricerca; funzionari della Pubblica Amministrazione, coscienti del proprio ruolo specifico.
Ciò che si propone e si testimonia insieme è uno stile di vita che permetta alla politica di raggiungere nel miglior modo il suo fine: il bene comune nell’unità del corpo sociale.
Anzi, si vorrebbe proporre a tutti quanti agiscono in politica di formulare quasi un patto di fraternità per il loro Paese, che metta il suo bene al di sopra di ogni interesse parziale, sia esso individuale, di gruppo, di classe o di partito.
Perché la fraternità offre possibilità sorprendenti: essa consente di tenere insieme e valorizzare esigenze che rischiano, altrimenti, di svilupparsi in conflitti insanabili.
Armonizza, ad esempio, le esperienze delle autonomie locali con il senso della storia comune;
consolida la coscienza dell’importanza degli organismi internazionali e di tutti quei processi che tendono a superare le barriere e realizzano importanti tappe verso l’unità della famiglia umana.
È la fraternità, infatti, che può far fiorire progetti e azioni nel complesso tessuto politico, economico, culturale e sociale del nostro mondo.
È la fraternità che fa uscire dall’isolamento e può aprire la porta dello sviluppo ai popoli che ne sono ancora esclusi.
È la fraternità che indica come risolvere pacificamente i dissidi e che può relegare la guerra ai libri di storia. È per la fraternità vissuta che si può sognare e persino sperare in una qualche comunione dei beni fra Paesi ricchi e poveri.
Il profondo bisogno di pace che l’umanità oggi esprime, dice che la fraternità non è solo un valore, non è solo un metodo, ma il paradigma globale di sviluppo politico. Ecco perché un mondo che difatti è sempre più interdipendente ha bisogno di politici, di imprenditori, di intellettuali, di artisti che pongano la fraternità – strumento di unità – al centro del loro agire e del loro pensare.
Era il sogno di Martin Luther King che la fraternità diventasse l’ordine del giorno di un uomo d’affari e la parola d’ordine dell’uomo di governo. I politici del Movimento politico per l’unità vogliono fare di questo sogno una realtà.
Ma questo può essere solo se nell’attività politica non si dimentica la dimensione spirituale, o, comunque, la fede nei valori profondi che devono regolare la vita sociale.
L’on. Igino Giordani, parlamentare italiano e cofondatore del nostro Movimento, nel suo stile inconfondibile, scriveva: «Quando si varca la soglia di casa per tuffarsi nel mondo, la fede non s’appende come una papalina stinta a un chiodo dietro l’uscio»113. E poco dopo aggiungeva: «La politica è carità in atto, ancella e non padrona».
Un giorno mi sembrò di comprendere cosa volesse dire la politica come amore.
Se dessimo un colore ad ogni attività umana, all’economia, alla sanità, alla comunicazione, all’arte, al lavoro culturale, alla amministrazione della giustizia… la politica non avrebbe un colore, sarebbe lo sfondo, il nero, che fa risaltare tutti gli altri colori.
Per questo la politica deve ricercare un rapporto continuo con ogni altro ambito di vita, per porre in questo modo le condizioni affinché la società stessa, con tutte le sue espressioni, possa realizzare fino in fondo il suo disegno.
È chiaro che in questa continua attenzione al dialogo, la politica ha il dovere di riservare a sé alcuni specifici spazi: dare le priorità in un programma equo, fare degli ultimi i soggetti privilegiati, ricercare sempre e comunque la partecipazione, che vuol dire dialogo, mediazione, responsabilità e concretezza.
Per i politici di cui parlo, la scelta dell’impegno politico è un atto di amore, con il quale ognuno risponde ad un’autentica vocazione, ad una chiamata personale.
Chi è credente avverte che è Dio stesso a chiamarlo, attraverso le circostanze;
il non credente risponde ad una domanda umana, ad un bisogno sociale, ad un problema della sua città, alle sofferenze del suo popolo, che trovano eco nella sua coscienza: ma è sempre l’amore che entrambi immettono nella loro azione. E gli uni e gli altri hanno la loro casa nel Movimento politico per l’unità.
I politici dell’unità prendendo coscienza che la politica è, nella sua radice, amore, comprendono che anche gli altri, che a volte sono chiamati avversari politici, possono avere compiuto la propria scelta per amore.
Essi prendono coscienza che ogni formazione politica, che ogni opzione politica, possono essere la risposta ad un bisogno sociale e quindi è necessaria alla composizione del bene comune. Quindi si interessano al destino dell’altro e all’istanza che porta, come alla loro, e la critica si fa costruttiva. Si cerca di praticare l’apparente paradosso di amare il partito altrui come il proprio, perché il bene del Paese ha bisogno dell’opera di tutti.
Questo è a grandi linee l’ideale del Movimento politico per l’unità ed è questa – mi pare – la politica che vale la pena di essere vissuta, una politica capace di riconoscere e servire il disegno della propria comunità, della propria città e nazione, fino all’umanità intera, perché la fraternità è il disegno di Dio sull’intera famiglia umana. È questa la vera politica autorevole di cui ogni Paese ha bisogno; il potere, infatti, conferisce la forza, ma è l’amore che dà autorità.
È questa la politica che costruisce opere che rimarranno. Le generazioni che verranno non saranno grate ai politici per avere detenuto il potere, ma per come lo avranno gestito.
Questa è la politica che il Movimento politico per l’unità desidera, con l’aiuto di Dio, generare, sostenere.
E allora, quale il mio augurio per loro, politici del Regno Unito?
Che questo popolo e in particolare i suoi rappresentanti, ricchi della loro nobile storia di democrazia, trovino nella fraternità il vigore necessario per continuare con efficacia ancora maggiore il loro cammino e per dare un apporto da protagonisti nella storia di unità della famiglia umana. Noi da parte nostra ci impegniamo a non lasciarvi soli, mettendo a vostra disposizione il carisma dell’unità offerto dal Cielo per l’umanità intera.
(Chiara Lubich, La Dottrina Spirituale a cura di M. Vandeleene, Città Nuova, Roma 2006)